Licenziamento

IL DATORE DI LAVORO RECEDE UNILATERALMENTE DAL CONTRATTO DI LAVORO?

Il licenziamento comporta tutta una serie di procedure burocratiche e amministrative, tra cui:

 

  • premessa;
  • obbligo del preavviso;
  • motivazioni del licenziamento;
  • giustificato motivo soggettivo;
  • differenze tra le due nozioni;
  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
  • ipotesi di libera recedibilità;
  • dimissioni.

 

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Licenziare: limiti e modalità 

Nell'ordinamento italiano, il potere di licenziare può essere esercitato solo nel rispetto di precisi limiti e modalità, sia sotto l'aspetto dei motivi del recesso che sotto quello della procedura da seguire. 
  • segue

    Il licenziamento dev'essere intimato dal datore di lavoro, e in particolare da un suo rappresentante legale, ovvero dai soggetti che ne sono legittimati sulla base della distribuzione del potere di gestione del personale fissata dall'organigramma aziendale. 


    In applicazione dell'art. 2, comma 1, L. n. 604/1966, il datore di lavoro deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, salvo ulteriori requisiti di forma stabiliti dalla contrattazione collettiva. Ai sensi del comma 2 del citato art. 2, il prestatore di lavoro entro i 15 giorni successivi alla data in cui ha ricevuto la comunicazione del licenziamento può richiedere i motivi che hanno determinato il recesso; in tal caso il datore di lavoro deve comunicare - sempre per iscritto - le motivazioni del licenziamento entro 7 giorni dal momento della ricezione della richiesta. 


    Ove il lavoratore non abbia fatto richiesta di conoscere i motivi del licenziamento, quest'ultimo è valido ed efficace anche senza l'esplicazione dei motivi. 

    I motivi comunicati dal datore di lavoro al lavoratore che ne abbia fatto richiesta devono essere specifici.

Obbligo del preavviso

Il datore di lavoro all'atto del licenziamento per giustificato motivo ha l'obbligo - a norma dell'art. 2118, cod. civ. - di dare un periodo di preavviso. 


  • segue

    La legge stabilisce per gli impiegati la durata minima del periodo di preavviso (v. art. 10, comma 1, R.D.L. n. 1825/1924).


    Nel concreto la durata del periodo di preavviso è tuttavia stabilita, per la generalità dei dipendenti, dalla contrattazione collettiva che la determina in funzione dell'anzianità di servizio e della categoria del lavoratore, introducendo dei termini di miglior favore. 


    Naturalmente la durata del periodo di preavviso può essere regolata anche da pattuizioni individuali che prevedano periodi di preavviso più lunghi di quelli stabiliti nei contratti collettivi.


    In caso di licenziamento per giustificato motivo il datore è tenuto a dare un periodo di preavviso, stabilito dai contratti collettivi. 

    Se vuole interrompere subito il rapporto di lavoro, egli è tenuto corrispondere al lavoratore una indennità di mancato preavviso, pari alla retribuzione, complessiva di tutte le sue voci, che gli sarebbe spettata se avesse lavorato durante tale periodo. In caso di licenziamento per giusta causa il rapporto si interrompe immediatamente e il datore non deve corrispondere alcuna indennità di mancato preavviso.

 Motivazioni

Motivazioni licenziamento 

Nella maggior parte dei casi il licenziamento del lavoratore dipendente è possibile solo in presenza di specifiche motivazioni socialmente giustificate (art. 1 l. 15 luglio 1966, n. 604; art. 18 dello Statuto dei lavoratori), che possono riguardare la condotta del lavoratore ovvero la situazione in cui si trova l'azienda.
  • segue

    La motivazione più frequente del licenziamento per colpa del lavoratore riguarda comportamenti colposi o dolosi del lavoratore, la cui gravità non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro per via della lesione del vincolo fiduciario. 

    In relazione alla gravità della condotta, nel diritto italiano si distingue tradizionalmente tra licenziamenti per "giusta causa" e per "giustificato motivo". 

    La giusta causa "Giusta causa" è un concetto utilizzato dal codice civile italiano (art. 2119 c.c.) per riferirsi ad un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto neppure a titolo provvisorio (in sostanza: neppure per il tempo previsto per il preavviso di licenziamento). In queste ipotesi, il datore può licenziare senza dare alcun preavviso. 

Il giustificato motivo soggettivo

Il "giustificato motivo" (soggettivo) è un'ipotesi meno grave di inadempimento degli obblighi contrattuali, la quale giustifica il licenziamento ma con l'obbligo da parte del datore di lavoro di concedere il preavviso previsto (ovvero di pagarne il relativo ammontare). 

 

  • segue

    Possono costituire ipotesi di giustificato motivo soggettivo:

    • l'abbandono ingiustificato del posto di lavoro;
    • minacce e percosse;
    • ingiurie e/o grave diffamazione nei confronti del datore di lavoro o di superiori gerarchici;
    • reiterate violazioni del codice disciplinare.

Altre considerazioni

 Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo

A volte il licenziamento è reso necessario da una riorganizzazione del lavoro o da ragioni relative all'attività produttiva (innovazioni tecnologiche, modifica dei cicli produttivi, ecc.), ovvero da una crisi aziendale. 
  • segue

    Nelle ipotesi, cioè, in cui l'azienda, per vari motivi, non ricava più utilità dal lavoro svolto da quel dipendente, o, in generale, da una categoria di dipendenti. 

    Per ragioni di natura economica o tecnica, il datore può quindi decidere di licenziare uno o più lavoratori. Se il licenziamento interessa cinque o più lavoratori nell'arco di 120 giorni, il datore è tenuto ad osservare la speciale disciplina prevista per i licenziamenti collettivi. 

    Se tali soglie non sono raggiunte si applica la generale disciplina sui licenziamenti qui esposta.

Le ipotesi di libera
recedibilità

Fanno eccezione alla regola della necessaria motivazione del licenziamento solo pochi rapporti di lavoro, in cui il recesso può essere intimato liberamente (in relazione al recesso da tali contratti, si parla di libera recedibilità o recesso "ad nutum").
  • segue

    Tra questi vanno ricordati: 

    • lavoratori domestici;
    • lavoratori in prova;
    • lavoratori con più di 65 anni e diritto alla pensione di vecchiaia; 
    • lavoratori assunti con contratto a termine (alla scadenza del termine) 
    • lavoratori assunti con contratto di apprendistato (al termine dell'apprendistato);
    • lavoratori in malattia (al superamento del cosiddetto periodo di comporto);
    • atleti professionisti;
    • Una specifica disciplina vale infine per i lavoratori a domicilio e per i dirigenti.

Dimissioni

Le dimissioni sono l'atto con cui un lavoratore dipendente recede unilateralmente dal contratto che lo vincola al datore di lavoro. 
Nell'ordinamento italiano le dimissioni si configurano come una facoltà del lavoratore, che può essere esercitata senza alcun limite, con il solo rispetto dell'obbligo di dare il preavviso previsto dai contratti collettivi. 
  • segue

    Le dimissioni consistono in un atto volontario del lavoratore, e la volontà del dipendente non deve quindi essere viziata (per esempio da altrui minacce o raggiri, da errore o da incapacità), pena l'annullabilità dell'atto. 

    L'atto ha effetto nel momento in cui viene a conoscenza del datore di lavoro. Non rileva in alcun modo l'eventuale dissenso del datore.

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